EPVS | DAVID LASCARIS
Thunderbolt
Dal 15 gennaio al 15 febbraio 2020.
Mercoledì 15 gennaio, Borghini Arte Contemporanea inaugura la doppia personale Thunderbolt di EPVS e David Lascaris, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci.
La mostra si inserisce all’interno di un percorso di ricerca, portato avanti dalla galleria nel corso del tempo, non solo sulla relazione tra luce e arte, ma anche sul rapporto tra l’uomo e l’energia. In questa occasione è la forza sprigionata dai fulmini ad essere indagata dai due artisti e dalle loro modalità di espressione completamente diverse.
EPVS vuole raccontare il fenomeno dei fulmini globulari, molto rari in natura, la cui traduzione in tedesco (che fa da eco alle origini dell’artista) dà il titolo alla sua opera: Kugelblitz. La sequenza di foto mostra queste sfere di fuoco ed energia che, durante temporali estremamente violenti, si formano improvvisamente nell’aria carica di elettricità. La scelta dei fulmini globulari non è certamente casuale perché l’artista da sempre lavora con le forme sferiche nelle loro declinazioni più varie. L’insieme dell’installazione cala l’osservatore nell’illusione di essere davanti ad un’esplosione di energia rossa e bianca. Il risultato, tuttavia, non è violento perché le immagini sono diafane e lievi: ci parlano sottovoce dell’attimo di paura che proviamo guardando i fulmini di un temporale; di quel fremito, quasi impercettibile, che riusciamo a controllare perché certi di essere al sicuro, ma che allo stesso tempo ci ricorda quanto l’uomo possa essere fragile nella grandezza della natura. EPVS, quindi, crea un cammino emotivo che parte da un fenomeno fisico e arriva a mostrare i timori inconsci dell’essere umano, riuscendo a trascendere il concreto e il reale.
David Lascaris lavora in maniera diametralmente opposta indirizzando l’osservatore verso un’operazione molto più concreta: la concettualizzazione verbale del terrore di fronte alla potenza dei fulmini che viene descritta come un mistero tremendo (tremendum) e affascinante (fascinans). Il riferimento è anche al divino, tema particolarmente caro all’artista e usato dall’uomo per comprendere ciò che non poteva essere spiegato scientificamente. L’inaccessibilità al mistero ultraterreno è rievocata dall’impossibilità di riconoscere a prima vista i due aggettivi che compongono l’installazione. L’osservatore, dunque, deve prendersi il tempo necessario per cercare di interpretare e progressivamente è spinto ad allontanarsi dalla sua irrazionalità. David Lascaris crea una distanza dalle paure ataviche dell’uomo, quasi le sterilizza, costringendoci a mettere in atto il meccanismo logico del pensiero e del linguaggio: osservare, leggere, capire, rielaborare e solo alla fine ciascuno trova la libertà delle proprie emozioni di fronte all’opera.