NOTE BIOGRAFICHE
Anni ’50–’60 Renata Rampazzi nasce a Torino da una famiglia di origine italofrancese. Grazie
alla sensibilità dell’ambiente familiare in cui gravitano personalità del mondo intellettuale, fin
da piccola si appassiona alla pittura. Appena dodicenne entra alla scuola di via Cavour 19,
sotto la guida di Riccardo Chicco. Frequenta il Liceo artistico per completare quindi gli studi
presso la Facoltà di Architettura.
Anni ’70–’80 In questi anni Torino è, con Roma, il centro di sperimentazioni in linea con il
cambiamento informale maturato negli Stati Uniti e in Francia. Renata Rampazzi partecipa
alla vita culturale della città, frequentandone i protagonisti come Umberto Mastroianni,
Antonio Carena, Adriano Parisot, Piero Ruggeri oltre a Marcello Levi, Paolo Fossati, Luigi
Carluccio. I quadri di questi anni risentono ancora di una lontana ispirazione figurativa, in cui
i colori, trattati a spatola, si distendono sulla tela per larghi spessori nervosi. Del 1973 è la
prima importante personale alla Galleria dello Scudo di Verona. Nel 1974 è invitata per una
personale ad Asolo al Festival Internazionale dell’Arte organizzato con la Fondazione Maeght.
Nel 1975 espone al Centro Olivetti di Parigi. La giovane Rampazzi decide comunque di
approfondire ulteriormente la sua ricerca e di uscire dai confini nazionali. Entra all’Accademia
di Salisburgo, fondata da Oskar Kokoschka. Lavora accanto a Emilio Vedova attraverso il quale
si avvicina all’espressionismo astratto, poi sotto la guida del cinese Zao-Wou-Ki. Con Jean
Clerté conclude il ciclo di Salisburgo e si avvicina ad Alechinsky e altri esponenti del gruppo
CO.BR.A.. Nel 1977 alla Galleria Vismara Arte Contemporanea di Milano espone delle opere
profondamente sofferte e percorse da larghe ferite e da una marcata gestualità espressionista.
Successivamente l’esperienza del calligrafismo orientale unito all’informale europeo le apre
nuovi orizzonti e segnerà il suo percorso artistico, dando alle opere l’aspetto enigmatico e
sensuale diventati la sua cifra personale. Nel 1979 è nuovamente alla Galleria dello Scudo di
Verona e vince il Premio Bolaffi. Nel corso degli anni Ottanta, espone tra gli altri a Palazzo dei
Diamanti a Ferrara (1984), a Sala 1, Roma (1986) e al Petit Palais Musée d’Art Moderne di
Ginevra (1989), le viene inoltre assegnato una seconda volta il Premio Bolaffi da Luciano
Caramel.
Anni ’90–’10 Trasferitasi col marito e regista Giorgio Treves a Roma, dove tuttora risiede e
lavora, Renata Rampazzi stabilisce i suoi studi prima a piazza del Biscione e poi a via del
Governo Vecchio. Le sue opere diventano soprattutto di grande formato e la pennellata si fa
più distesa e ricca di trasparenze e cromatismi. Sono di questi anni i suoi primi lavori su carta
con le tecniche della guache e dei pastelli grassi. Entra in contatto con l’ambiente del cinema.
Per Gruppo di famiglia in un interno, Luchino Visconti le chiede alcune tele dai toni blu e viola,
che il grande regista chiama mannianamente “le mie montagne incantate”. Margarethe von
Trotta diventa una tra i suoi più fedeli collezionisti e diversi suoi quadri sono inseriti nelle
scenografie di L’Africana e Il lungo silenzio. Suoi lavori sono presenti anche in film di Mimmo
Calopresti (La parola amore esiste) e di Mario Martone (L’odore del sangue). Collabora con vari
architetti e arredatori tra cui Marika Carniti Bollea per la quale dipinge un tulle di 80 metri. In
questi anni espone in Italia e all’estero in importanti musei, fiere e gallerie, tra cui la Galleria
Anna d’Ascanio di Roma, la Galerie Teillet di Parigi (1990) e il Battistero di Asti (1993). Dal
1990 la sua attività contempla sempre più lunghi soggiorni in Francia. Dopo un periodo
segnato da problemi di salute, in cui la sua pittura si sviluppa soprattutto attorno a
composizioni plurime e a quadri di piccolo formato, nel 1998 espone presso l’Istituto Italiano
di Cultura a Edimburgo, e nel 2000 nell’Istituto Italiano di Cultura per i Paesi Bassi. Le sue
opere vengono presentate tra gli altri all’Accademia di Egitto a Roma (2001), Maison de la
Culture a Mons (2002) al Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno (2005) e, nel 2006, le viene
dedicata una grande antologica all’Archivio di Stato di Torino. Nel 2009 si ricordano due esposizioni alla Galerie Nicolas Deman e all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi; nel 2010 una personale all’ex-Convento di S. Nicolò a Spoleto nell’ambito del 53° Festival dei Due Mondi.
Anni ’11–’19 Nel 2011 è invitata al Grand Palais di Parigi in occasione di Art Paris e alla 54. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, a Palazzo Venezia, Roma, al XLIII° Premio Vasto, Scuderie di Palazzo Aragona, Vasto (2011). Nel 2013 le viene dedicata una grande personale presso l’Espace Culturel, Le Lavandou ed è inserita dalla Banca d’Italia tra i 15 Artisti di due generazioni: anni Trenta e anni Quaranta.
Nel 2017 espone a Setteartistiunamostra presso la Galleria del Cortile a Roma e, nel 2018, è ospitata presso la Fondazione Giorgio Cini, nell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, dove presenta l’installazione CRUOR. Sangue sparso di donne.